La GDO e le 4 aree del “non l’ho fatto prima ma forse è il momento buono per pensarci”

A cura di Francesco Fumelli, Senior Manager SCS Consulting

A fronte dell’emergenza che stiamo vivendo, ci siamo impegnati, come SCS Consulting, a provare a dare una lettura speriamo utile di alcuni scenari che si possono ora aprire per dare ai player della GDO degli spunti di riflessione su un’agenda che vada aldilà dell’emergenza.

Una premessa.

Siamo di base poco inclini ad accodarci subito a hashtag e buzzword, quali (ad esempio) #newnormality, o a sommi vaticini quali “nulla più uguale a prima” che vediamo scalare le classifiche di tendenza e prevedono a volte scenari distopici, con cambiamenti perenni o semi perenni delle modalità di vita e conseguentemente di acquisto intesi come prodotti e intesi come canali.
Riteniamo che gli hashtag di tendenza e le buzzword, a volte, possono anche essere utilizzati come dispensatori di ansia e pensiamo che in questo momento sia sufficiente quella già presente.
Sono spesso ottimi per organizzare convegni (o in questo momento webinar) ma riteniamo che portino spesso poche idee e soprattutto quasi mai soluzioni.
Non siamo ferrati economisti o sociologi che riescono a dare un disegno così chiaro del futuro e determinare con certezza cosa non sarà più uguale a prima.
Siamo “tecnici” che vogliono provare ad immaginare differenti scenari e quali possono essere delle azioni da mettere in campo per continuare a competere nel migliore dei modi.
Vogliamo allora provare a dare una lettura che provi a fare tesoro di questo periodo drammatico e di emergenza, dando spunti per dei possibili cambiamenti del modello operativo che diano dei possibili vantaggi competitivi, anticipando, ove possibile, la prima mossa.

Stiamo vivendo in questi giorni ancora la fase di emergenza. E non è detto che finisca a breve.
Questa fase ha significato recepire i cambi dei decreti e ha visto il presidio del punto vendita (inteso come personale, inteso come approvvigionamento, inteso come regolazione dei flussi di entrata) come main topic su cui si sono focalizzati tutti i retailer.
È un momento questo in cui alcune regole di marketing e alcune leve commerciali sono messe (forse) in secondo piano. La priorità era resistere alla pressione di un aumento dei volumi imprevisto e forse inimmaginabile, salvaguardando la salute dei dipendenti e dei clienti.
Non è forse il piano promo l’aspetto più importante, non sono forse i prezzi. Temi che solitamente impegnano i decision makers per la maggior parte del tempo lavorativo.
È un momento nel quale il minor tempo di attesa in coda (una cosa vista per i supermercati solo nelle prime ore di inaugurazione) e la vicinanza hanno un ruolo fondamentale nella scelta del supermercato da parte di un cliente.
È vero che ad avere avuto più lievito sugli scaffali o un e-commerce più performante si sarebbe venduto di più, ma le restrizioni sulla possibilità di raggiungere punti vendita più distanti, limitata dai vari decreti, hanno appiattito abbastanza le possibilità di top performance.
Molti nuovi clienti, per questioni di prossimità, sono arrivati, altrettanti, forse per le stesse ragioni, stanno facendo la spesa presso altre insegne. La fedeltà all’insegna, ambizione di tutti i distributori, è stata parzialmente rimossa per decreto!

Proviamo a porci però in un momento post emergenza (senza sconfinare negli scenari distopici di cui sopra) e a riflettere su cosa effettivamente ci possono avere insegnato queste settimane.

Si possono dare due visioni: una endogena (logistica, riordino, .. su cui demandiamo ad un successivo approfondimento) ed una esogena e ci concentriamo in queste riflessioni sulla visione esogena e vogliamo analizzare alcuni elementi che devono far porre al retailer la domanda:
“Ci sono delle cose che, se fossero state organizzate in maniera differente, mi avrebbero potuto aiutare in questi periodo? (e che indipendentemente da uno stato di emergenza estrema sono utili per la gestione aziendale)”

Una riflessione che non sfoci necessariamente in rivoluzioni copernicane, ma magari in nuove idee utili per una differenziazione o, magari, anche constatazioni del tipo “Ah, se quella volta avessi fatto quella cosa adesso avrei affrontato meglio questa fase”.
Punti su cui invitiamo i retailer a riflettere, in un’ottica aldilà dell’emergenza, in modo che possa rappresentare una, speriamo utile, lista delle priorità (e degli investimenti collegati).

Per fare questo distinguiamo 2 “aree tematiche”:

• Il Social Distancing
• Nuovi Modelli e abitudini di consumo

SOCIAL DISTANCING

Non possiamo sapere quanto andrà avanti l’entrata contingentata nei punti di vendita (fino alla scoperta del vaccino?) e se con le stesse restrizioni (più lasche al calo dei contagi?).
Sicuramente si inizieranno a sviluppare e perfezionare app per le prenotazioni del posto coda (tra l’altro abbastanza diffuse in altri paesi in altri settori (vedi il travel retail o il fashion) ma non ci vogliamo soffermare su questo che reputiamo (e speriamo) uno scenario (per quanto riguarda il food) forse a termine.

Sono altri i punti, in ambito di Social Distancing, da cui dobbiamo trarre spunto in questi giorni e su cui invitiamo i retailer a riflettere.

In primo luogo dobbiamo dire che sicuramente è stato molto difficile gestire il lavoro all’interno dei pdv, dare le corrette indicazioni e supportare la forza lavoro a fronte di emergenze nell’emergenza.
Il lavoro degli ispettori capi area è stato ridotto al minimo e la comunicazione sede-punto vendita e ritorno è stata resa difficile da una necessità di presidio costante delle operations che hanno assorbito il 100% degli addetti (e verso cui, ne approfittiamo, esprimiamo un sincero ringraziamento).
Lo stress test, anche in questo caso, era non programmabile però abbiamo potuto spesso constatare, nelle nostre indagini di questi giorni, che la difficoltà di comunicazione a due vie ha reso ancora più difficile questo momento.

E in secondo luogo non possiamo non constatare il riaffermarsi di un ruolo di preminenza del supermercato nella comunità.
Pur osservando l’indubbia crescita del canale eCom (o variazioni sul tema, di cui dopo) il momentum ha portato il negozio e le persone che ci lavorano ad assumere verso la comunità e verso la società un compito di messa in sicurezza dello svolgimento della (pur limitata) vita quotidiana. I supermercati sono diventati una destinazione importante (e non solo perché non c’era niente altro da fare) e si sono riappropriati di un’equity di immagine che si era, forse, indebolita nel tempo.

Due le aree di lavoro che consigliamo quindi in ambito Social Distancing:

1. Connecting Stores

Lavorare su piattaforme di collaborazione che permettano di governare le attività di punto vendita da remoto in modalità simil communities- social network cosicché le linee guida calate dall’alto siano eseguite minimizzando i tempi di passaggio informazioni, permettendo un adeguamento delle performance tra i pdv e recependo i feedback dagli stores.
Aldilà dell’utilità che possono ricoprire in un momento di emergenza per velocizzare delle interazioni, opportuno pensare a come trarre il massimo dei vantaggi quando la situazione sarà evoluta verso uno scenario più assestato.

2. Connecting communities

Approfittare di questo essersi riappropriati del ruolo di centro della comunità e utilizzare i mezzi digitali per lavorare da un lato sul drive to store attraverso offerte commerciali e dall’altro sulla comunicazione ai propri clienti e alla comunità anche di informazioni di carattere più generale (una sorta di quello che possono fare alcune applicazioni che si rifanno ai concetti di social street).

Iniziare a lavorare in maniera strutturata sui temi di employees advocacy. Il momento tragico ha portato alla ribalta delle professioni e dei ruoli spesso non portate a bordo con la dovuta importanza nella trasmissione a terra delle scelte strategiche e anche tattiche delle insegne. È il momento di dare un ruolo importante (e che si meritano) all’ultimo miglio per la messa a terra dei risultati. Lavorare in maniera strutturata sull’employees advocacy non significa però solo fare “corsi di formazione” più o meno ludici. Significa portare a bordo ovvero condividere con il personale di punto vendita gli obiettivi aziendali, assegnare degli obiettivi su delle leve che l’insegna vuole mettere in campo per il raggiungimento dei medesimi , strutturare il controllo e il monitoraggio e infine premiare.

Identificare azioni di filiera e politiche di loyalty che abbiano un impatto sulla comunità (creazione posti di lavoro? Vicinanza alla fasce / filiere più colpite? ) anche in funzione di un percorso per fare crescere ancora di più questo premio di equity di immagine che ci si è, in un qualche modo, “ritrovati”.

NUOVI MODELLI E ABITUDINI DI CONSUMO

Il momentum ha cambiato in maniera (permetteteci l’unica buzzword) disruptive le modalità di acquisto per quanto riguarda i consumi e i canali di approvvigionamento.

Per quanto riguarda i prodotti. Fino a 3 mesi fa ci raccontavamo che la gente cucina sempre meno e che bisognava investire su nuovi formati, modelli di servizio e assortimenti che andassero incontro a questi temi mentre in queste settimane abbiamo visto un incremento non immaginabile di ingredienti basici (vedi farine, vedi lievito).
Per quello che dicevamo all’inizio, non ce la sentiamo di esprimere vaticini sul fatto che questa fase riporterà per sempre la gente all’auto-produzione e sicuramente alcune scelte (ad es.) di ristorazione in store andranno pensate bene.
Riteniamo però doverosa una riflessione sul tema.

Per quanto riguarda invece i canali l’eCommerce è cresciuto percentualmente tanto e ha sofferto (molto) a fronte di uno stress test non preventivabile e che ha portato all’evidenziarsi di molti colli di bottiglia nelle differenti fasi della catena (picking, trasporti ma anche sistemi).

Anche in questo ambito suggeriamo 2 aree di lavoro ai retailer:

1. eCommerce (e Omnicanalità)

Fin troppo facile indicare quest’area di lavoro. Lo stress test è stato di quelli non preventivabili. Un alternarsi di colli di bottiglia e crash lungo la chain dall’ordine alla consegna che ha spesso portato a disguidi e cattive performance.
La vista che vorremo dare (vedi nostro paper le 10 golden rules per eCom) comporta:
• Adeguamento dell’hardware della macchina ad un livello che si riterrà necessario (e questo significa investire in asset che siano darkstore (o punti picking) mezzi di trasporto)
• Iniziare a ragionare nell’eCom non solo come evoluzione della spesa a domicilio ma come canale e quindi capire quali sono le azioni da mettere in campo per quanto riguarda le politiche commerciali: assortimenti, prezzi, promozioni e meccanismi di loyalty
• Adeguare la struttura organizzativa interna rendendo sinergici il canale fisico e il canale virtuale per quanto riguarda obiettivi e task andando quindi a disegnare uno scenario (e una strategia per affrontarlo) omnicanale

2. Assortimenti e modelli di consumo

Come scritto sopra vogliamo restringere la riflessione su un tema a nostro avviso molto importante e su cui vale la pena pensare ad una strategia che è quello dei piatti pronti o modello di consumo veloci vs la nuova (apparente) tendenza all’ auto-produzione.

Qui è opportuno riflettere di quali possono essere le azioni che non devono essere per forza esclusive..

Auto-produzione
Non vogliamo stimare quanto durerà la vocazione alla cucina in-house degli italiani (rientra in quei vaticini di cui prima) e se la sua decrescita sarà proporzionale alla velocità di lockdown e al minor tempo disponibile.
Riteniamo però che nel momento in cui si decide di credere in questo segmento e a dargli quindi una dignità di nuovo modello sociale vada de-commoditizzato e accompagnato da un lato da servizi aggiuntivi (utensili, corsi, …) e dall’altro rappresenti una potenzialità per ulteriore sviluppo di prodotto a marchio.
E se però l’auto produzione fosse salito così tanto per mancanza di un’alternativa ritenuta valida?

Ready to eat

Se si ritiene che il ready to eat proseguirà il suo percorso di crescita vanno fatte delle serie riflessioni sulla priorità delle azioni e degli investimenti privilegiando azioni che possano portare ad un vantaggio competitivo fin da subito, sicuramente aumenteranno le occasioni di consumo a casa, e che possano magari essere differenzianti per trattenere quei clienti, che per via delle ordinanze, si sono affacciati per la prima volta nei nostri punti di vendita.
Uno stimolo per la riflessione che poniamo è quello di ragionare sulle potenzialità del food delivery in un momento storico in cui possibile aggredire questo segmento e potendo conquistare una quota di un nuovo mercato in cui poter partire con una posizione di vantaggio.

Le nostre conclusioni.

Premettendo sempre che abbiamo bene a mente che stiamo parlando ai margini di uno scenario drammatico e che, a noi stessi, parlare di opportunità di business sembra in dei momenti un po’ forzato, riteniamo che in questo momento possano manifestarsi alcuni snodi decisionali molto importanti per le aziende della Grande Distribuzione che possono pensare di rivedere le priorità di intervento e disegnare strategie molto più discontinue con il passato. La ricerca di una propria identità commerciale non violentata a colpi di prezzi ribassati ma indirizzata anche verso nuovi modelli di consumo, la definizione di nuovi customer journey, integrando nuovi canali di cui non se ne potrà più fare a meno, la valorizzazione delle risorse di punto vendita facendole sentire parte fondamentale di un progetto di impresa, un rapporto con la comunità che è dialogo e azioni e non solo volantino sono alcuni dei (quick) win che tutte le aziende dovrebbero cogliere. Raccomandiamo di essere lucidi, di riflettere e di disegnare modelli di funzionamento, in tutti gli ambiti di intervento, che siano agili e facilmente scalabili.

Un ultimo punto: Come scritto prima, le ultime settimane hanno visto un numero di “nuovi clienti” che (forse) per la prima volta hanno frequentato nuove insegne.
Raccontare una storia diversa può essere un bel modo per accrescere la propria brand equity e per conquistare in maniera efficace (e forse più duratura di un 3×2) della quota di mercato.
Perché (permetteteci, dopo una buzzword, anche una “frase ad effetto” ma che, sinceramente, ci rappresenta molto) in generale (e in queste settimane sicuramente) è difficile prevedere il futuro.
Il futuro ce lo si può però inventare qualche volta. Questo momento può essere propizio.

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