Alce Nero apre i suoi store, fatturato a +15%

Alce Nero, leader italiano del bio con 76 milioni di ricavi 2020 (+15%) e 85 milioni di consolidato, prepara un mini-piano retail con l’apertura del primo store a marchio, presso la vecchia sede aziendale di San Lazzaro di Savena (Bologna), che servirà come test per poi avviare altri punti vendita in Italia.

“Pensiamo di poter arrivare a una decina di store – anticipa a Pambianco Wine&Food l’amministratore delegato Massimo Monti – che serviranno a esporre tutta la gamma prodotto. Non saranno alternativi o concorrenti ai negozi e ai supermercati dove già siamo inseriti, anzi: secondo noi potranno sostenere le vendite dei nostri clienti, perché daranno la possibilità ai consumatori, e alle famiglie che ci scelgono, di capire che in teoria potrebbero mangiare ‘tutto e bene’ a marchio Alce Nero, ampliando così la gamma dei prodotti che già ora conoscono e acquistano”.

Attualmente, pasta e passata di pomodoro si giocano la leadership tra i prodotti di Alce Nero: la prima è leader come categoria di prodotto, nelle sue diverse referenze, e la seconda è leader come monoprodotto. Il catalogo di Alce Nero è molto ampio, ma ci sono diverse categorie ancora scoperte, come ad esempio i sostituti del pane, e altre dove è stato fatto un primo passo, come i surgelati, con ampie possibilità di espansione. “Fresco e freddo sono le due categorie dove pensiamo di aver più spazio di crescita”, afferma Monti.

La pandemia ha in ogni caso dato impulso alle vendite di prodotti da agricoltura biologica. L’emergenza ha invertito un trend che se da un lato vedeva l’aumento generale della categoria, dall’altro stava penalizzando proprio gli specialisti per avvantaggiare le marche private e le linee bio della concorrenza generalista. “A marzo e aprile gli ordini sono cresciuti del 60% ed è stato un miracolo riuscire a rispettare le consegne”, precisa Monti. Il modello di Alce Nero, basato su una filiera diretta e solida e su prodotti già disponibili a magazzino, ha permesso di concretizzare il miracolo. “Inoltre, abbiamo conquistato spazio sugli scaffali, sostituendo magari quei produttori che non sono riusciti a dare le stesse garanzie alla grande distribuzione”, aggiunge l’ad della società con sede a Castel San Pietro Terme (Bologna).

L’aumento a fine anno è peraltro stato messo a segno nonostante il dimezzamento del fatturato legato alla catena NaturaSì, che ha posto ai propri fornitori l’obbligo di esclusive che Alce Nero non poteva concedere. Oggi il primo cliente di Alce Nero è Conad, che precede Coop e la joint venture controllata Alce Nero Asia, legata all’export in Far East. Le esportazioni generano all’incirca il 23% del fatturato, che è certamente una quota migliorabile, anche se l’ad Monti evidenzia che: “Non facciamo private label, vendiamo solo con il nostro marchio e questo non ci aiuta. Inoltre, è un marchio che all’estero non suona immediatamente come prodotto bio, quindi cresceremo sì ma a piccoli passi, come del resto abbiamo sempre fatto”.

Il passo veloce del 2020 rappresenta infatti l’eccezione a una regola di sviluppo armonico della società, e infatti le previsioni per il 2021 sono di -5%, che però è pur sempre +10% rispetto al 2019. “Non ci sarà più, crediamo, un momento così intenso come quello del primo lockdown. Ad ogni modo, le conseguenze resteranno, perché in primavera le persone hanno iniziato a pensare al cibo non più come una commodity pura o come una cosa che deve costare poco, ma come un prodotto che ha valori ben precisi e nei quali ci riconosciamo da sempre”.

Fonte: pambianconews.com

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