Studio Gfk e Bain: italiani infedeli e bugiardi davanti allo scaffale

Quando si parla di spesa gli italiani sono infedeli e davanti allo scaffale tendono a scegliere brand diversi per la stessa categoria di prodotto. Non è una caratteristica unicamente tricolore, ma piuttosto un trend europeo: più un cliente acquista lo stesso articolo durante l’anno, maggiore è la probabilità che cambi marca. A spiegarlo è una ricerca presentata da Bain con Gfk che ha analizzato le abitudini di acquisto nel largo consumo di 10mila famiglie italiane per tre anni, distribuite sul 1.700 brand di 130 categorie.

Dallo studio emerge che i consumatori optano in media annualmente per 2-3 marche per categoria, con un tasso di infedeltà che arriva al 75%, con punte del 90% per prodotti che hanno molti player competitor. Tradotto: se sono davanti a una parete piena di salse al pomodoro di brand diversi, sarò più propenso a provarne sempre di nuove, soprattutto se le compro spesso. “Questo perché le marche non sono così importanti per la maggior parte dei consumatori – spiega Marco Caldarelli, partner di Bain – la categoria “fedeli heavy buyer” praticamente non esiste, è sotto al 2%. Se le aziende pensano al proprio brand almeno due volte al giorno, il cliente lo fa due volte all’anno”.

Questo comporta che solo un’azienda su cinque riesce a crescere, secondo Bain e Gfk. “Non esiste in Italia un brand che negli ultimi tre anni sia cresciuto per aumento della frequenza d’acquisto della famiglia. Continuano a perdere consumatori, siamo al 9-10% in meno in tre anni. Dal nostro punto di vista, quello che guida la crescita è la penetrazione nelle famiglie: più persone che comprano. E non pochi che comprano di più”, precisa Caldarelli. Per la maggior parte delle marche italiane c’è ancora una grande possibilità di aumentare la penetrazione: solo 5 marche su 1.700 arrivano a una penetrazione del 50%, mentre l’80% penetra meno del 10%. La maggior parte vive alti tassi di abbandono, in media del 62%, che arrivano fino al 66% annuo per marche di piccola dimensione e poco note.

“Ma c’è una buona notizia: aumenta la disponibilità a provare cose nuove, anche tra gli anziani”, prosegue Caldarelli. L’italiano dà sempre una chance. Ma mente quando è intervistato sulle sue abitudini: “per costruire un gruppo di acquirenti fedeli, le aziende studiavano il comportamento dei consumatori tramite sondaggi qualitativi d’opinione. Ma il comportamento dei consumatori solitamente non corrisponde a quello che dichiarano. Studi dimostrano che solo il 15% di quello che dichiarano corrisponde a quello che acquistano”. Per questo lo studio ha raccolto informazioni su 10mila famiglie che hanno scansionato ciascun prodotto al rientro da casa dopo la spesa.

In una situazione così frammentata, le aziende devono fare di più per tenersi stretti i consumatori. Per Bain e Gfk la strategia da perseguire è quella della semplicità. Puntare su una marca riconoscibile e coerente, che non cambi troppo nel tempo. Che veicoli messaggi costanti e che sia sempre presente nei punti vendita. “L’innovazione come è stata intesa finora non è stata un driver di crescita. Anche i top brand hanno spesso allargato l’assortimento senza reali ricadute positive – dice Marco Pellizzoni, commercial director di Gfk – Quello che suggeriamo è un’innovazione che rompa le barriere della penetrazione e arrivi a chi prima non comprava, basandosi sulle effettive esigenze dello shopper. I brand vincenti supportano in primis i propri prodotti core”. Mentre lato pubblicità e marketing: “è importante farsi notare in modo diffuso e ripetuto, e in questo i social possono aiutare”, conclude Pellizzoni. No a poche campagne brevi ma intense, meglio campagne multicanale, diffuse e persistenti.

Fonte: Repubblica.it

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