OVS debutta in borsa

In quattro anni è cambiato molto. Quella che era una catena commerciale oggi è un brand a tutto tondo posizionato nel “value fashion retailing” (prezzi abbordabili e contenuto moda) con ricavi tornati ai livelli pre crisi, ossia 1,136 miliardi nel bilancio chiuso il 31 marzo, e un ebitda salito a 131,5 milioni per una marginalità dell’11,7%. Non solo. Ovs riesce a convertire una cifra molto alta di quel margine, oltre 80%, in cassa generata grazie alla politica attenta degli investimenti e alle efficienze della logistica. A partire dal 2011 lo sviluppo del network ha permesso di arrivare a 896 negozi in Italia (641 a marchio Ovs) a cui se ne aggiungono 133 all’estero, per lo più in franchising o corner, come quelli in Spagna all’interno dei magazzini El Corte Inglés. E lo sviluppo non si fermerà qui: l’amministratore delegato Stefano Beraldo, il manager su cui ha scommesso Bc partners dopo il buyout, ha promesso 200 nuove aperture entro un triennio dopo i 20 Ovs “full format” inaugurati lo scorso anno più una quota di altri store della catena Bernardi riconvertiti in Upim.

La quotazione in borsa sarà soltanto un punto di passaggio, nei piani di Beraldo, che ha l’ambizione di consolidare ancora le posizioni in Italia dove il retail d’abbigliamento è molto frammentato. E questo sia con acquisizioni sia sviluppando le linee donna e bambino e aggiungendo fitness e gioielleria, due categorie già testate in alcuni store pilota. Mentre l’insegna Upim resterà posizionata nel segmento value (prezzi più bassi). La base di partenza è una quota di mercato del 6,3% (in dettaglio 5,2% Ovs più 1,1% Upim) che equivale più o meno a due volte Benetton e Zara e a tre volte H&M.

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