Nike resta il marchio più di valore al mondo, seguono Gucci, Adidas e Vuitton

Nella classifica 2020 di Brand Finance, che ogni anno calcola il valore dei 50 maggiori brand di abbigliamento e accessori, non ci sono sorprese sul primo della lista: Nike resta in testa da sei edizioni e incrementa il suo valore del 7,3%, arrivando a valere 34,78 miliardi di dollari.

La classifica si basa sul valore economico dei marchi, originato tenendo conto dell’immagine e della reputazione fissati al primo gennaio 2020. In sostanza mostra una perdita di valore già prima della pandemia. Infatti tra i 50 esaminati, 30 hanno subito a una “limatura”.

A causa del Covid-19, Brand Finance stima una perdita di valore complessiva, tra i marchi del settore esaminati, superiore al 20%. Con questa percentuale, la moda si colloca fra i settori “high impact” secondo i ricercatori, insieme a una serie di altri comparti tra cui il turismo e il tempo libero, la ristorazione, gli hotel, i trasporti e le assicurazioni.

Nell’analisi più ampia, delle 500 maggiori aziende al mondo, la perdita di valore complessiva ipotizzata è di oltre 1 trilione di dollari. La previsione dell’impatto del coronavirus di Brand Finance si basa sul raffronto degli enterprise value delle aziende fra il primo gennaio e marzo 2020.

Secondo gli analisti, negli anni a venire saranno facilitate le realtà della moda agili, innovative sul fronte e-commerce e che sapranno rivedere il loro business model del retail fisico. Resta però l’incognita della durata della pandemia.

Tornando alla lista dei 50, Nike beneficia di un cambio di strategia distributiva: ha ridotto il numero dei retailer allo scopo di riappropriarsi del controllo della relazione con i suoi clienti e incrementare i margini. Il concorrente Adidas, terzo nella top 10 dei “most valuable apparel brand” (vedi slide in alto), ha invece perso l’1,1% del suo valore rispetto a un anno fa, sceso a 16,48 miliardi di dollari. Il marchio del Trifoglio, che prevede 1 miliardo di dollari di vendite in meno nel primo trimestre in Greater China, ha appena chiesto 3 miliardi di euro di prestiti per fronteggiare il virus.

Tra i due giganti dello sportswear c’è, alla seconda posizione, il marchio italiano Gucci, il cui valore sale del 20,2% a 17,63 miliardi di dollari (era quinto nell’edizione 2019). Al quarto gradino emerge Louis Vuitton, che guadagna tre posizioni con i suoi 16,48 miliardi di dollari di valore (+21,4%). Cartier è quinto (dalla sesta posizione), con 15 miliardi di valore (+10%).

Dopo il lusso il fast fashion ma in retrocessione: Zara passa dal secondo al sesto posto (14,58 miliardi, -20,9%) e H&M scende dal quarto al settimo (13,70 miliardi, -12,7%).

Unica new entry nella decina è Chanel, ottavo a 13,70 miliardi di dollari, seguito da Uniqlo (12,88 miliardi, +7,4%) e da Hermès (11,90 miliardi, +9.1%).

Nel 2020 Levi’s si rivela la label più dinamica con un +38% annuale. A premiare la storica etichetta del denim l’avere investito sulle linee donna e sui più giovani, anche con iniziative come la partnership con il festival Coachella e la campagna “Use Your Voice”, che invitava le nuove generazioni a provocare il cambiamento. Al contrario, scende bruscamente il valore di Valentino, che ha sofferto delle minori vendite in Cina (per le proteste a Hong Kong e il rallentamento dell’economia cinese), e Gap che subisce un calo della domanda e si appresta a chiudere centinaia di negozi. Entrambi i marchi mostrano una flessione del 39% dei rispettivi valori rispetto a un anno prima.

«Dalla nostra valutazione – commenta Massimo Pizzo, managing director Italia di Brand Finance – emerge che solo 6 marchi sui 50 presenti in classifica hanno teoricamente i numeri, alle condizioni attuali, per non perdere valore del trademark rispetto allo scorso anno. Tra questi ci sono Armani e Gucci. Il settore deve prendere coscienza che è necessario rimettere in discussione anche le strategie di branding per non indebolire ulteriormente immagine e reputazione, forse gli asset principali del sistema della moda».

Fonte: fashionmagazine.it

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