Logistica, in Italia solo il 15% degli immobili è green

Dal 2015 si è sempre costruito secondo logiche green, ma le criticità sono nel recupero dell’esistente e degli stabili abbandonati. Su 4mila magazzini solo 200 sono certificati Leed e Bream

Circa il 15% degli immobili logistici in Italia può essere considerato sostenibile, ovvero con caratteristiche utilizzabili per una certificazione Leed o Bream. Su circa 4mila magazzini logistici censiti (con una dimensione superiore a 5mila metri quadri, il taglio minimo per operare in logistica), circa 150 sono certificati, mentre 40 lo stanno diventando.

Lo spartiacque è il 2015: da allora non esiste immobile che non sia stato costruito senza aver incorporato, fin dalla progettazione, logiche sostenibili. Sono alcuni dati dell’Atlante dei magazzini green realizzato dall’Osservatorio Osil (Osservatorio Immobili logistici) della Liuc Business School-Università Cattaneo, e anticipati dal Sole 24 Ore del Lunedì, come parte del report finale che verrà presentato il 18 ottobre in un convegno dedicato.

La logistica è uno dei settori chiave del nostro Paese, in termini economici – vale il 9% del Pil e conta più di 82mila aziende – e nelle strategie degli investitori. Dal rapporto Savills Logistics Spotlight, che analizza lo sviluppo dell’asset class nel primo semestre 2023 in Italia, emerge come il settore più dinamico, registrando il numero maggiore di transazioni tra tutte le asset class, secondo in termini di volumi (570 milioni di euro) dopo il ramo abitativo. Un settore che si sta confrontando con la sfida sostenibile, ma ha molta strada da fare.

La fotografia scattata dall’Osservatorio Osil racconta di 3.507 magazzini (saranno circa 4mila nel report finale), di una superficie coperta totale di 40.250.000 mq, di cui oltre 920 costruiti dopo il 2015. Gli spazi hanno una dimensione media di 11.500 mq e un’altezza media di 8,9 metri (il 30% è fra 8 e 10 metri, il 27% fra i 10 e i 12, il 15% è alto più di 12). L’impianto fotovoltaico sul tetto dell’immobile è presente nel 27% dei casi. Le regioni sul podio della distribuzione geografica sono Lombardia (24%), Emilia Romagna (12%) e Veneto (11%). Come sottolinea il professor Fabrizio Dallari, Ordinario di Logistica e Supply chain management alla Liuc Università Cattaneo e direttore dell’Osservatorio Osil, il nodo centrale è il parco immobiliare esistente: «Dai dati emerge che solo il 2-3% dei magazzini ha adottato o sta adottando politiche di riconversione. Per questi immobili arrivare a un livello tale da ottenere una certificazione di sostenibilità è praticamente impossibile, però possono migliorare la loro efficienza energetica». Gli interventi più comuni ed efficaci sono: installazione di un impianto fotovoltaico; isolamento e impermeabilizzazione della copertura; installazione di luci Led, sensori crepuscolari e sistemi di gestione e monitoraggio dei consumi energetici come software Bms – Building management systems.

Dallari osserva che, all’esistente in attività, si aggiungono i tanti ex immobili industriali abbandonati, localizzati non solo in aperta campagna, ma anche in prossimità di importanti arterie di comunicazione. «Servono incentivi per recuperare questo parco immobiliare, sia in un’ottica di risparmio di suolo, sia perché si trovano in prime location con destinazione d’uso già assegnata, ma richiedono rilevanti costi di demolizione e bonifica». Se i grandi player non andranno mai in un magazzino non costruito ad hoc per loro, perché hanno obiettivi di sostenibilità molto elevati, rendere conveniente per i grandi sviluppatori intervenire su brownfield potrebbe essere una delle chiavi del recupero massivo di questi spazi, difficili da convertire per altri usi.

Accanto ai grandi nomi del settore logistica conto terzi, Dallari sottolinea l’esistenza di un universo di Pmi dove la cultura della sostenibilità fa ancora fatica ad affermarsi. «Dalla nostra ricerca – elaborata su un campione di 1.500 direttori logistici, fra cui 150 top player – emerge che circa il 95% delle multinazionali ha obiettivi di sostenibilità dichiarati, ma si scende al 45% per le Pmi. Inoltre, solo il 36% delle imprese misura la propria impronta ambientale». Per oltre la metà degli operatori quindi, i focus rimangono il canone di affitto e la location – ecco perché parallelamente al nuovo permane un rilevante mercato dell’usato (immobili costruiti dal 2003 al 2015).

Conclude Dallari: «La location è l’aspetto più importante per la logistica, a meno che, a monte, non ci sia un cliente esigente in termini di sostenibilità. Qui – nella logistica conto terzi – è insita la speranza di trasformazione del parco esistente. Le caratteristiche dei magazzini dipendono dalla sensibilità ai temi Esg delle imprese che li richiederanno».

L’analisi di Cushman & Wakefield

Il 35% dello stock è su aree brownfield
Secondo un’analisi di Cushman & Wakefield per Il Sole 24 Ore del Lunedì, negli ultimi dieci anni, il 35% dello stock di immobili logistici italiani sono stati costruiti su brownfield (circa nove milioni di mq). La scelta di aree greenfield resta sempre l’opzione ottimale per gli sviluppatori/proprietà – per motivazioni quali l’assenza di costi di bonifica, smaltimento e demolizione, l’ottimizzazione dei tempi di progetto e costruzione, ma il consumo di suolo è sempre di più tema sotto osservazione da parte delle autorità nazionali e locali, quindi si prevede una traiettoria futura sempre più rivolta alla riqualificazione e riconversione di asset brownfield per la logistica. La percentuale di aumento degli sviluppi Esg in Italia ed Emea negli ultimi cinque anni è stata progressiva, fino a raggiungere oltre l’80% degli sviluppi di Grado A, con un trend stable up; si prevede che nei prossimi due anni verrà raggiunto il 100% per la stessa tipologia di nuovi sviluppi. Anche gli standard ed i materiali subiranno una progressiva evoluzione tecnologica per gli stessi fini.

Il focus del Politecnico di Milano

Start up, le nuove idee in campo
Come parte della nuova edizione della ricerca che verrà presentata nel convegno del 15 novembre presso Mico Milano, l’Osservatorio Contract Logistic “Gino Marchet” del Politecnico di Milano ha passato in rassegna i nuovi operatori della logistica a livello mondiale, identificando un contenuto innovativo che riguarda principalmente due ambiti: digitalizzazione-automazione e sostenibilità. Nel primo, spiccano le 41 startup dell’ambito Logistica terze parti (3pl), ovvero l’esternalizzazione di servizi a un fornitore. Seguono le 33 startup che si occupano di consegne ultimo miglio e le 17 che vogliono innovare i trasporti. Lato sostenibilità, sono invece 13 le startup focalizzate sulla last mile delivery, fra cui l’italiana Gel Proximity, una piattaforma per accedere a tutte le principali reti di prossimità italiane come edicole, locker, tabaccai attraverso un’unica integrazione tecnologica. Il settore degli imballaggi conta otto startup, fra cui l’italiana Voidless, che sviluppa macchine per imballaggi con un approccio box-on-demand.

Fonte: ilsole24ore.com

 

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