Covid e boicottaggio, Uniqlo chiude il flagship store di Seul

Il passato coloniale del Giappone continua a pesare sull’attività dei gruppi nipponici in Corea del Sud, terzo partner commerciale del Sol levante, dopo Cina e Stati Uniti. Ultima vittima in ordine di tempo, l’insegna di abbigliamento Uniqlo, che ha annunciato il 14 dicembre la cessazione dell’attività del suo principale negozio di Seul, l’ultima in ordine di tempo di una serie di chiusure di punti vendita del gruppo in Corea del Sud.

Lo store, che alla sua apertura nel 2011 realizzava 2 miliardi di won (1,5 milioni di euro) di vendite al giorno, chiuderà i battenti alla fine del prossimo gennaio. Uniqlo è vittima del boicottaggio dei prodotti nipponici lanciato nell’estate del 2019 in risposta all’interruzione da parte di Tokyo dell’export verso la Corea di alcuni materiali per la fabbricazione di microprocessori. Ufficialmente, la decisione è stata presa per motivi di sicurezza. Ufficiosamente è invece una sorta di rappresaglia alla condanna di diversi gruppi industriali giapponesi, tra cui il colosso Nippon Steel, a indennizzare cittadini coreani vittime dei lavori forzati durante il periodo coloniale (1910-1945). Svuotati dei clienti locali, i punti vendita Uniqlo hanno perso in seguito anche i turisti, a causa della pandemia. Fast Retailing, la casa madre dell’insegna, ha registrato in Corea del Sud una perdita di 88,3 miliardi di won nel corso dell’ultimo esercizio.

Fonte: italiaoggi.it

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