Coronavirus, la percezione nei Paesi del G7. Italiani dalla parte del governo e convinti di poter tornare alla vita di prima

La percezione della pandemia nei Paesi del G7. Oltre settemila interviste, fra Canada, Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, Francia, Germania e Italia, condotte fra il 19 e il 21 marzo. L’opera di Kantar, agenzia di consulenza fondata a Londra, porta alla luce alcuni aspetti prevedibili e altri che lo sono molto meno.

L’economia. Tutti o quasi, sette su dieci, si dicono certi che il Coronavirus avrà un impatto sul proprio reddito o che lo sta già avendo. In Italia il dato sale all’85%, con un 37% che afferma di averne subito le conseguenze, mentre un 47% se le aspetta per il futuro. I meno preccupati sono i tedeschi, poco meno della metà afferma che l’epidemia non impatterà sul loro reddito.

La politica. Il 76% dei cittadini italiani approva l’operato del Governo, il grado è il più alto in assoluto. In Canada ad esempio è del 66%, negli Usa del 53% ed in Giappone arriva al 35%. Apprezzata anche la capacità comunicativa delle istituzioni dal 75% degli abitanti del nostro Paese. Ma ci si divide equamente sull’idea che sia stato fatto abbastanza. In parte certe differenze sul giudizio sui governi si devono al diverso stato di emergenza, conclamata da noi quasi negata altrove, e quindi ad una situazione politica che al momento dell’indagine non faceva i conti con lo stesso contagio.

Il contagio. Anche per questo Giappone e Italia si trovano quasi sempre agli estremi opposti. L’unico punto in comune, con il 90% degli intervistati in entrambi i Paesi, si ha sulla certezza di non aver contratto il virus. Singolare considerando il grado di sviluppo diverso della pandemia qui e a Tokyo. Fra i francesi ad esempio “solo” il 65% afferma di essere sicuro di non avere nulla, contro il 75% degli inglesi, l’88% degli americani e appunto il 90% di giapponesi e italiani. In pratica, malgrado l’Italia sia stata la prima nazione occidentale a chiudere, la percezione del pericolo non è alta.
Per quanto riguarda la permanenza in casa, qui da noi il 75% delle persone dichiarano di essere in auto-isolamento, mentre la Francia è già all’85%. Tutt’altra attitudine in Germania, dove si arriva al 44%, in Inghilterra con il 43% e in Giappone al 21%. Ovunque si crede che la pandemia possa colpire statisticamente più gli altri di sé stessi.

La distanza di sicurezza. Assieme al Canada, siamo fra coloro che credono di più nell’utilità di mantenere una distanza di sicurezza. I giapponesi sono all’opposto, anche se culturalmente non si stringono la mano, tendono ad evitare i contatti fisici e indossano la mascherina appena hanno i primi sintomi di una semplice allergia.

L’informazione. Riguardo le fonti di informazioni più affidabili, in testa alla classifica c’è la televisione, seguita dal proprio medico (negli Stati Uniti è il più ascoltato), dal Governo, dai giornali, social network, parenti ed amici all’ultimo posto. Sembra invertita quindi la tendenza di informarsi solo attraverso i contatti di Facebook o Twitter. O quantomeno, si legge quel che scrivono ma senza dargli poi molta credibilità.

L’empatia. Solo i Canadesi ci battono, gli unici preoccupati più di noi (di un punto percentuale con il 92%) delle conseguenze che il Coronavirus avrà sugli altri Paesi. Ma il giudizio sulla scarsità di cooperazione internazionale è duro, soprattutto qui in Italia. E comune invece l’idea, le percentuali superano i 90 punti, che passata l’emergenza si tornerà alla vita di prima come se nulla o quasi fosse successo.

Fonte: repubblica.it

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