Negozi e e-commerce: così siamo diventati consumatori “onlife”

Durante i mesi di pandemia una delle domande più frequenti è stata: “Ne usciremo cambiati?”. Forse non come persone, di certo come consumatori. L’emergenza ha radicalmente modificato le nostre abitudini ma anche le nostre necessità. E non è detto che il tanto atteso ritorno alla normalità significhi anche un ritorno al mondo del commercio come lo conoscevamo fino a qualche mese fa.

Secondo alcuni dati raccolti per Il Sole 24 Ore da Universal Mccann (UM), i consumi hanno fatto un salto evolutivo di dieci anni. E da un salto così lungo non si torna facilmente indietro.

Il lockdown ha fatto nascere 1,3 milioni di nuovi consumatori “digitali”, stando alle rilevazioni di Netcomm, confermate anche da una ricerca di GFK secondo la quale il 37% di ha acquistato qualcosa online nel primo mese di marzo non l’aveva mai fatto nel corso dei dodici mesi precedenti, portando la penetrazione del canale digitale di vendita al 20% per la prima volta. A cambiare in tempi record sono state soprattutto le modalità di spedizione e di consegna. Il click&collect, ovvero la possibilità di ordinare online un prodotto e di ritirarlo in negozio, ha registrato una crescita del +349% e secondo Netcomm diventerà nei prossimi mesi un’abitudine sempre più consolidata. Ma c’è anche un altro modello che ha preso piede in Italia: il proximity commerce, che permette l’integrazione tra i grandi player del commercio elettronico e i piccoli negozianti che, grazie alla logistica e alle piattaforme di delivery, possono raggiungere i clienti residenti nelle zone limitrofe. Si tratta di un servizio che non riguarda più solo le grandi città ma ha raggiunto anche cittadine e piccoli centri abitati.

Stando alle stime, la crescita dell’e-commerce quest’anno lieviterà fino al 55% a livello mondiale. E se è vero che diversi settori, come quello del fashion&lifestyle, sono stati colpiti più duramente di altri anche online, il 77% dei merchant online ha dichiarato di aver acquisito nuovi clienti durante la fase di emergenza sanitaria. Ad esempio, secondo i risultati di un’analisi di BrandOn Group le vendite online dei top seller nel settore del Beauty&Cosmetics, a marzo e aprile sono aumentate dell’82% anno su anno. Lo scontrino medio unitario delle vendite online di prodotti di bellezza e cosmesi è cresciuto del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; è stata registrata anche una crescita del 44% delle vendite con costo unitario superiore a 150 euro e il prezzo medio dei prodotti più costosi è cresciuto del 75%.

Non è cambiato solo il “come” si acquista, ma anche il “cosa”: la condizione di incertezza sanitaria ci ha spinti verso una maggiore attenzione alla salute, con un conseguente aumento dei consumi domestici di ortofrutta. Secondo l’osservatorio “The world after lockdown” di Nomisma e Crif, un italiano su due ha modificato gli acquisti di frutta in questo periodo, con un forte aumento delle quantità consumate per un italiano su tre. Le vendite di ortofrutta hanno registrato un balzo durante il lockdown: +15,8% tra il 17 febbraio e il 26 aprile 2020 rispetto allo stesso periodo 2019.Tuttavia, se da un lato l’incremento a valore della spesa riflette i maggiori acquisti in quantità e la ridefinizione del mix dei prodotti ortofrutticoli infilati nel carrello, dall’altro indica l’effetto di un incremento dei prezzi, percepito da ben il 69% dei responsabili acquisti delle famiglie.

Dal punto di vista dell’advertising, durante il lockdown ci sono state alcune categorie che hanno evidentemente visto una finestra importante in cui investire: pet food care (+140), insurance (134%), media online (219%), detersivi (143%), educational (+69%); dal lato opposto, ci sono stati disinvestimenti nei settori che più di altri hanno subito la crisi: turismo (-84%), automotive (-59%), abbigliamento (-59%), «Nel primo trimestre del 2020 – spiega Carlo Messori Roncaglia, Ceo di UM – gli investimenti in pubblicità sono stati il chiaro riverbero di quanto succedeva nel Paese. Investimenti in crescita per i provider di connessioni, per tutto il mondo dell’editoria (ed esempio, il lancio di Disney Plus), per il comparto food specialmente la pasta e la Gdo che ha puntato molto su temi legati alla vicinanza emotiva, alla sicurezza, all’attenzione ai prezzi».

Se durante il lockdown la Gdo è stata il punto di riferimento per i consumatori, nella fase 2 abbiamo assistito a una crescita preponderante dei negozi di prossimità, insieme a un alto livello di e-commerce.
In questo scenario c’è una battaglia in corso della quale si intravedono a malapena i confini. E in palio ci sono clienti che in questo momento se cercano da un lato rassicurazioni dall’altro impongono già nuove tendenze sulle quali non è consigliabile sorvolare: il termine più appropriato è “onlife”, coniato dal filosofo Luciano Floridi nel suo “The onlife manifesto”, definizione perfetta dell’utente iperconnesso che non vive una netta separazione tra l’online e l’offline.

Fonte: ilsole24ore.com

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