Leroy Merlin, Mauro Carchidio: “Serve una distribuzione visionaria”

Nell’ambito dell’incontro dedicato al “Retail 5.0: i nuovi luoghi del commercio, tra fisico e virtuale” organizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con il Retail Institute Italy, l’intervento di Mauro Carchidio, direttore Sviluppo di Leroy Merlin Italia, oltre che vice presidente di Federdistribuzione.

Durante la tavola rotonda è stato evidenziato ancora una volta come la pandemia abbia cambiato molte cose anche nel commercio e Leroy Merlin è un esempio lampante di questo cambiamento con lo spostamento del focus dalla distribuzione di prodotto all’offerta di servizi e di soluzioni.

Da qui parte Mauro Carchidio, in rappresentanza della gds, C’è una rivoluzione digitale ed è sotto gli occhi di tutti e il cambiamento è iniziato con il debutto anche in Italia dei grandi marketplace internazionali, come Amazon.

“In un’azienda grande e strutturata come Leroy Merlin non potevamo pensare di continuare con il nostro format tradizionale. Da tempo quindi abbiamo fatto una scelta, o se vogliamo, una rivoluzione. Da una parte abbiamo deciso di diventare esperti di eCommerce con tutte le implicazioni del caso per diventare un’azienda-piattaforma aprendo a una serie di soluzioni che prima non era possibile proporre. In questo senso abbiamo dovuto rivoluzionare la nostra capacità di distribuire i nostri prodotti facendo, per così dire, l’ultimo miglio, anche se avevamo già dei punti vendita con la funzione di hub. Questo ha implicato e implica diventare più bravi nella logistica, ma non solo nella consegna di prodotti di piccoli dimensioni, come fa per lo più Amazon, ma in quelli di dimensioni più grandi che sono più conformi al nostro tipo di commercio. Il tutto rendendo queste operazioni meno costose, competitive.

Dall’altra ci siamo concentrati sul servizio, anche firmando partnership con altre società. Cito, come esempio, la joint venture con Facile Ristrutturare, attraverso la quale proponiamo un pacchetto completo di ristrutturazione, che fornisce al cliente sia le aziende artigiane che gli architetti. Stiamo dunque lavorando per dare un vero valore aggiunto al cliente”, un reale passaggio dal do-it-yourself al do-it-for-you“.

Altro tema fondamentale del retail è la conoscenza profonda e vera del cliente. Da sempre il commercio ha potuto contare su quel patrimonio immenso rappresentato dai dati, ma che raramente è riuscito a utilizzare. “Ora è diventato possibile ed è uno spreco non usare questa mole di dati che comporta la perdita di potenzialità importanti”.

In un mondo post pandemico, dove il digitale ha acquisito spazi sempre maggiori, il ruolo della fisicità si lega alla fiducia che si instaura con il cliente. “Se c’è un rapporto di fiducia tra retailer e cliente non c’è digitale che valga! La parte umana fatta di relazione, di accompagnamento, di confronto è da sempre il segreto del nostro comparto. Tutto questo, però, va coniugato con una spinta tecnologica in linea con i tempi”.

L’ingegnere del retail

Tutti i temi ricordati coinvolgono diverse professionalità, alcune anche molto avanzate e poco conosciute nel mercato italiano. Come la figura dell’ingegnere del retail. “Nella nostra cultura latina è difficile legare competenze apparentemente distanti come quelle ingegneristiche e commerciali. Quando ricordavo che i Big Data permettono di conoscere il cliente e di metterlo al centro, sottintendevo il fatto che per farlo ci vogliono persone in grado di realizzare questa unione in modo efficiente”.

E ancora “Così come la capacità di calcolare quanto CO2 viene prodotta per produrre e portare a destinazione un certo oggetto, un argomento del quale sentiremo sempre più parlare. Anche in questo caso ci vuole una professionalità che lo sappia fare. Una sorta di “monetizzatore di dati”, che gestisca anche il ciclo di vita del prodotto e del cliente”.

Gli ingegneri possono essere una risposta, ma non l’unica. Il mondo del retail è un mondo poco “sexy” nel quale molti neo laureati in ingegneria non vogliono entrare. “E questo è un problema. Infatti la grande distribuzione si è resa poco “appealling”, perché troppo coinvolta nell’operatività. Dovrebbe essere più visionaria e alzare gli occhi per comunicare le proprie potenzialità e capacità, ancora tutte da scoprire”.

Fonte: diyandgarden.com 

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