Finanziare il futuro del retail attraverso la cost transformation

Oggi ottimizzare i costi in maniera strategica diventa essenziale per alimentare lo sviluppo in un mercato sempre più complesso e in trasformazione per i retailer tradizionali.

Da un lato, l’emergenza Covid ha modificato in modo rilevante i comportamenti di acquisto (forte crescita dell’eCommerce, modifica delle preferenze di acquisto…), dall’altro ha visto l’avanzare di nuovi competitor, nuovi modelli di business (basti pensare alla progressiva evoluzione di Cortilia, che riduce la catena del fresco portando i prodotti freschissimi di qualità a casa) e nuovi servizi sia di consegna (si pensi ad Amazon Prime Now, Everli/Supermercato24.it, la forma di abbonamento per la consegna di Esselunga) sia di pagamento (come il carrello con AI di Conad testato in Sardegna, la tecnologia RFid presso Decathlon, il primo vero supermercato cashless Amazon Go Grocery…).

In questo contesto, i retailer hanno due necessità apparentemente divergenti: gestire le pressioni sul conto economico e prepararsi per il futuro, ridefinendo il modo in cui interagiscono con i clienti con un forte aumento degli investimenti strategici, ben più consistente che in passato.

Walmart, ad esempio, ha dovuto intensificare gli investimenti per potenziare la sua attività omnichannel, introducendo la possibilità di ritirare la spesa online direttamente in store. Per velocizzare questo processo, il colosso americano ha siglato un accordo da 16 miliardi di dollari per acquistare la maggioranza dell’azienda di eCommerce indiana Flipkart, dopo aver acquisito nel 2016 il marketplace online Jet.com, per 3,3 miliardi di dollari.

Dove trovare quindi le risorse per finanziare la crescita, in un settore con i margini operativi tra i più bassi dell’industria italiana?

La risposta può essere un approccio innovativo e differente ai costi, non volto a ridurli ma a trasformarli. È una sfida complessa, che richiede estrema cautela per due motivi:

  • Per non creare un circolo vizioso (ben conosciuto) di riduzione del livello di servizio a discapito della customer experience (con conseguente calo delle vendite e necessità di continuare a tagliare costi per la sopravvivenza).
  • Per non cadere nella tentazione di tagliare costi solo per conseguire risultati migliorativi di profittabilità di brevissimo periodo da presentare agli azionisti, senza poi re-investirli per migliorare l’offerta in ottica di lungo periodo. Si tratta di una sfida articolata e piena di tentazioni, ma non impossibile, soprattutto quando si guarda a quali benefici abbiano portato i programmi di trasformazione della base costi a quei player che sono stati in grado di metterli in pratica. Dall’analisi delle principali realtà che hanno avviato questa strada emergono alcuni principi chiave da seguire.

Primo. La ragione per la quale molti retailer non riescono ad ottenere questi benefici consiste nella mancata adozione di una visione allargata di trasformazione dei costi. Questi player si focalizzano solamente su alcune aree del conto economico, principalmente perché questo è il modo in cui hanno sempre lavorato, cogliendo prevalentemente quelle opportunità necessarie e sufficienti per mantenere lo status quo. Un approccio limitato ad alcune voci non è però più sufficiente, a causa sia della dimensione degli investimenti necessari in futuro sia del fatto che la maggior parte dei quick-win sono già stati ottenuti in sessioni di taglio dei costi già effettuate in passato (specialmente in Italia dove il contesto economico è poco florido ormai da anni). Occorre quindi guardare alle voci di costo in maniera ampia e approfondita.

Secondo. L’adozione di una strategia più trasversale ed estesa rappresenta solo una parte della soluzione. Per realizzare davvero benefici maggiori dalle politiche di cost saving, i manager del retail devono pensare a come agire sugli elementi di costo in modo più innovativo e rivoluzionario. Gli elementi chiave della cost transformation devono essere integrati a tutti i livelli della strategia, dallo sviluppo dello shopping multicanale del futuro, fino al miglioramento delle competenze digitali come la personalizzazione e l’advanced data analytics. In conclusione, serve dunque prestare attenzione a tutte le voci del conto economico con occhi nuovi, con l’obiettivo di creare un pool di risorse sempre più ampio da reinvestire nelle aree ad alta priorità. È pertanto necessario un cambiamento rispetto alla visione di benefici incrementali che molti hanno adottato fino ad oggi: occorre guardare ai pool di costi chiedendosi come è possibile trasformare le attività per creare efficienza.

Ma come si pensa in modo innovativo alla trasformazione dei costi abbracciando il servizio al consumatore?

Uno dei punti focali di un piano di trasformazione della base costi deve essere il servizio al consumatore, per evitare il circolo vizioso già citato e ragionare in ottica non incrementale.

Prendiamo ad esempio il costo del venduto (COGS). Storicamente, i retailer hanno sempre confidato nel mantra “Semplicemente, pagalo meno” applicato a tutti i prodotti e le categorie. Tuttavia, cercare di ottenere uno sconto dell’1% o del 2% per ogni articolo non sembra più essere una misura efficace per finanziare gli investimenti necessari, essendo un approccio ormai adottato da tempo che ha limitato le risorse ancora disponibili sul campo.

I retailer che sono riusciti ad adottare un approccio di trasformazione della base costi invece, partono dal cliente e dai dati, legando le azioni a logiche di category management. Un approccio che consente di identificare quali siano i fornitori da premiare e quali no, alimentando la propria capacità di negoziazione con benefici fino a 1,5-3 punti percentuali di margine, e, al contempo, ottimizzando l’offerta di prodotti sugli scaffali a beneficio dei consumatori.

Un noto retailer straniero ha adottato questo approccio di riduzione del costo del venduto, dopo che le sue vendite erano state ridotte dalla intensa concorrenza dei discount, i quali avevano minato la sua reputazione in termini di valore percepito. Nel giro di un anno, è stato capace di risparmiare fino al 4,2% dell’ammontare dei suoi COGS; poco dopo, questo valore è salito al 5,7%. Il retailer, in questo modo, ha migliorato sostanzialmente il proprio potere negoziale grazie al potenziamento delle analisi dei dati per categoria, comparando meglio i fornitori tra loro e sfruttando Big Data e advanced analytics anche per approfondire temi quali la lealtà dei consumatori e l’effetto sostituzione. L’azienda, oltre a essere stata in grado di negoziare meglio con i fornitori, si è anche posta come partner nel proporre loro alcune iniziative di collaborazione win-win usando l’autorevolezza dei fatti per ottenere la loro fiducia.

Anche la supply chain dei retail sta subendo grandi trasformazioni: l’unione di un approccio customer driven e l’utilizzo di strumenti di advanced analytics permettono, infatti, di ridefinire i processi per ottimizzare l’esperienza cliente ed i costi.

Nel lungo periodo, l’automazione trasformerà un’altra area importante nel retail (per alcuni settori merceologici ovviamente): la gestione del personale di negozio. È possibile ottenere ottimizzazioni importanti agendo sulle tradizionali leve di produttività, come adottare uno scheduling più intelligente o istruire il personale a svolgere diverse mansioni, laddove questa leva non sia stata utilizzata già ad oggi. Anche in questo caso è fondamentale prestare attenzione a come garantire e migliorare l’esperienza al cliente.

Questa è la chiave che i cost champion utilizzano per ridurre i costi, ridisegnando i processi e introducendo, dove possibile, strumenti di automazione per ridurre i carichi di lavoro. I risparmi, una volta introdotte queste misure, possono variare dal 5% al 15% del costo del lavoro di negozio. Parte delle risorse possono essere riallocate nelle aree di attività che più contano per il cliente, andando così a anche a migliorare la customer experience e, di conseguenza, aumentando le vendite.

Anche i costi generali e le spese di sede si possono ottimizzare fortemente con un approccio nuovo, non lavorando soltanto sull’ingaggiare il fornitore meno costoso, ma ragionando su come automatizzare alcune attività chiave ed eliminando i costi superflui con un approccio di zero based budget.

Oggi molti dei retailer italiani si sono focalizzati su iniziative una tantum, piuttosto che su veri modelli di trasformazione della base costi, un sintomo del fatto che si tendono a posticipare gli investimenti necessari per il futuro e ci si focalizza sul breve periodo.

Qualche tempo fa, questo non sarebbe stato un comportamento inappropriato, ma oggi è necessario cambiare approccio per rimanere competitivi nell’era di Amazon e della digitalizzazione.

Fonte: mark-up.it

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