Retail, un negozio su tre non ha ancora riaperto

Duro colpo inferto dalla pandemia di coronavirus al retail in Italia. Da un’indagine condotta da Engel & Völkers su un campione di 6.600 esercenti su base nazionale, nel periodo 16-18 giugno 2020, emerge che un punto vendita su tre non ha ancora riaperto a seguito del lockdown.

Alla domanda “A seguito della fine del lockdown avete riaperto la vostra attività?” il 14% degli intervistati dichiara di aver chiuso definitivamente, mentre un altro 14% afferma di non aver ancora riaperto “perché è troppo costoso tenere riaperta l’attività con le attuali nuove regole”. Il 49% afferma invece di “aver riaperto ma con personale ridotto”, mentre il 29% conferma di essere “aperti a pieno regime”.

Pessimistiche anche le previsioni sull’andamento commerciale degli esercenti di negozi al dettaglio, in quanto il 29% degli intervistati si aspetta un calo del fatturato superiore al 40% e il 43% dei retailer si attende invece un fatturato negativo tra il 20% e il 40%. Nota di speranza invece per il 14% dei rispondenti, che osserva un trend positivo della propria attività.

“Una delle grandi conseguenze che l’emergenza sanitaria e la successiva emanazione di norme volte alla tutela della salute pubblica ha portato con sé riguarda proprio la fisicità delle attività commerciali”, commenta Gianluca Sinisi, licence partner di Engel & Völkers Commercial Milano e Lombardia. “Il 72% degli operatori che ha risposto alla nostra indagine ritiene che per futuri piani di espansione cercherà location con una superficie minore, risposta forse figlia di minore disponibilità economiche e di una maggiore integrazione con l’e-commerce”.
Il 16% ammette infatti che il punto fisico non potrà più camminare solo su proprie gambe ma dovrà necessariamente essere supportato dall’online. Solo il restante 12% degli intervistati asserisce che invece il punto di vendita rimarrà lo stesso.

Per quanto riguarda i costi relativi al punto vendita, anche questi sono un elemento di criticità in termini di sostenibilità futura dell’esercizio, con il 44% degli intervistati (ma un altro 44% ci sta pensando o deve ancora decidere) che ha chiesto una riduzione o uno slittamento del canone di locazione. Il 29% non li ha però ottenuti.

Alla domanda “Sono cambiati gli elementi cui prestereste maggiore attenzione nella stipula di un contratto di locazione?”, il 43% ha espresso la “necessità di un canone più sostenibile”, il 32% domanda invece “maggiore flessibilità nella durata contrattuale” oppure, il 25% dei rispondenti, auspica una “maggiore libertà di uscita dal contratto”.

“A fronte di consistenti cali di fatturato e della mancanza di liquidità necessaria per far fronte alle spese, fra cui il canone di locazione degli immobili retail”, commenta l’avvocato Valeria Spagnoletti Zeuli, partner di Rödl & Partner, “i conduttori mostrano di essere alla ricerca di un accordo con i locatari che preveda nuove soluzioni, anche con nuove formule quali ad esempio, ove possibile, la compartecipazione agli utili nella quantificazione del canone, soluzione che nelle risposte all’indagine è essere gradita a circa il 70% degli intervistati”. Il 29% degli intervistati si mostra interessato a una forma di compartecipazione nella quantificazione del canone con la parte preponderante in percentuale sul fatturato, mentre il 43% preferirebbe la parte preponderante del canone fissa ed una quota residuale in percentuale sul fatturato. Il 28% dei rispondenti afferma di non essere interessato a soluzioni di questo tipo.

Fonte: pambianconews.com

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