Quick commerce, che cos’è il commercio veloce e le startup che l’hanno lanciato

Ordinare un prodotto online e riceverlo a casa non in giornata ma in meno di un’ora o, addirittura, in una manciata di minuti. Il quick commerce (o q-commerce, per essere ancora più… veloci) promette tutto questo e, in alcuni casi già lo fa, in competizione più o meno aperta con Amazon e l’e-commerce. Ma cosa è esattamente, a chi si rivolge e, soprattutto, cosa lo rende possibile?

Ad avere inaugurato il trend, a livello mondiale, è stata Delivery Hero, startup con base a Berlino, quotata al Dax dallo scorso anno e presente in oltre 50 Paesi. Dopo avere attraversato un momento di difficoltà, Delivery Hero ha ritrovato nuova linfa a partire da aprile 2020, grazie anche alla nuova formula di consegna. Formula che non si sostituisce al commercio tradizionale e neanche alla grande distribuzione, ma si propone come un suo complemento ideale: “Piuttosto che sostituire un negozio di alimentari settimanale, q-commerce è lì per completare quando c’è bisogno di un particolare set di articoli, in modo comodo e rapido”, spiega il sito.

Il Ceo e cofondatore, Niklas Östberg, ha dichiarato recentemente : “Siamo ormai entrati nell’era del commercio veloce. Questa categoria offre enormi opportunità rimaste finora in gran parte inutilizzate. Noi possiamo guidare la leadership globale in questo segmento emergente “.

Quick commerce: al centro ci sono i dark store
Delivery Hero, per assicurare il servizio, utilizza magazzini urbani denominati Dmarts (delivery-only local warehouses). Chiamati anche dark store o negozi cloud, sono proprio questi spazi – movimentatissimi ma non aperti al pubblico – a costituire la chiave di volta dell’impianto q-commerce. Sono il loro numero e la loro distribuzione capillare a rendere possibile il servizio. Devono essere “centrali” e posizionati in modo strategico. L’appetibilità del servizio si gioca invece sulla capacità di indovinare cosa mettere in stock. La scelta non potrà essere amplissima, quindi è fondamentale selezionare le referenze giuste, quello di cui il cliente può voler disporre in tempo reale. Non la grande spesa, insomma, ma il latte per la colazione, la bottiglia di vino per la cena ma anche un giocattolo o un mazzo di fiori per un regalo inaspettato, il pezzo di ricambio tecnologico, il dentifricio o la confezione di condom.

Delivery Hero dichiara di gestire al momento oltre 600 dmarts in 35 Paesi. Nel primo trimestre del 2021, complice anche la pandemia, ha registrato un balzo in avanti negli ordini di oltre il 400 per cento e prevede un’ulteriore crescita nel corso dell’anno. Anche perché i suoi clienti non sono solo privati. In molti casi le consegne sono destinate a piccoli negozi, bar, farmacie, fiorai e da lì raggiungono il destinatario finale. “Il lancio del commercio rapido è stata una naturale estensione di ciò che abbiamo fatto per molti anni. Il cibo è sempre stato il nostro punto di forza, ma poiché il comportamento dei consumatori sta cambiando e la domanda di consegna di altri prodotti è in espansione, siamo felici di far crescere i nostri servizi insieme ai nostri clienti “, ha dichiarato Östberg.

L’esperienza di Glovo
Che il q-commerce sia la nuova frontiera del retail è molto chiaro anche al cofondatore di Glovo. “Il trend per il futuro è evidente: i prodotti venduti tramite e-commerce devono trovarsi vicino ai consumatori, e questo si traduce in pratica nei dark store, i magazzini in città”, ha spiegato il cofondatore, Oscar Pierre, al sito specializzato Sifted.

La startup spagnola ai primi d’aprile ha chiuso con 450 milioni di euro un round di serie F guidato da Lugard Road Capital e Luxor Capital Group, al quale ha partecipato anche Delivery Hero. E conta di utilizzare queste risorse per rafforzare i suoi servizi nei mercati in cui è attualmente operativa, con una particolare attenzione al q-commerce, ossia all’ampliamento della rete dei dark store, che al momento sono una ventina. L’obiettivo dichiarato è arrivare ad averne 200 nel mondo a fine 2021. In Italia dovrebbero essere 15. A Milano ne sono stati aperti già due, a Torino uno. Ma siamo solo all’inizio: per potere funzionare in termini di scala, una grande città ha bisogno almeno di 10 magazzini di consegna. A questo scopo Glovo ha siglato una partnership con Stoneweg, società svizzera di real estate, che gestirà l’acquisto di immobili da riconvertire in dark store in Spagna, Portogallo, Romania e Italia.

Tra le società che hanno scelto di cavalcare il nuovo trend c’è anche la turca Getir , che in patria “copre” sette città, a febbraio è sbarcata a Londra e sta pianificando lanci anche a Berlino, Parigi e Amsterdam. Un altro nome da tenere d’occhio è Wolt. La startup finlandese, presente con il suo servizio di delivery davvero in mezzo mondo, sta progettando investimenti consistenti nel quick commerce e nell’avvio di dark store. FoodPanda, che fa base a Singapore e ha fatto da apripista al q-commerce in Asia, ha stretto accordi con Muji, Ikea, Tesco e altri brand globali, proprio per proporre alla sua clientela anche alcune referenze firmate in prontissima consegna.

In altre parole, il movimento c’è, è intenso e rivolto a un’utenza eterogenea e potenzialmente in crescita. Non riguarda solo gli algoritmi ma anche gli assetti urbani. I big dell’e-commerce – Amazon in primo luogo – e i proprietari dei grandi magazzini di stockaggio fuori città sono avvisati.

Fonte: economyup.it

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