L’azienda ai tempi del virus: attenzione ai dipendenti, co-creation e inclusione

Cambiare il modo di lavorare, riorganizzare funzioni e ruoli per conciliare attività in presenza e (soprattutto) da remoto, continuare ad investire nelle risorse umane e mettere la condivisione della cultura aziendale fra le priorità per vincere le nuove sfide. La pandemia (e quello che sarà il post pandemia, il cosiddetto “new normal”) richiede a qualsiasi impresa doti di flessibilità e capacità di adattamento particolarmente accentuate per resistere agli impatti del lockdown e delle misure restrittive varie e per creare al proprio interno i presupposti necessari a cogliere opportunità di cambiamento e di new business oggi fortemente accelerate dalla situazione contingente.

Fra le aziende che hanno saputo rispondere a queste sollecitazioni c’è anche Adyen, “unicorno” olandese specializzato nel campo delle piattaforme per i pagamenti digitali e piazzatosi al sesto posto della Fortune Future 50 che identifica le aziende capaci di reinventarsi continuamente. Come si gestisce un’azienda in forte crescita come Adyen (che nel 2020 ha assunto 400 nuovi dipendenti) e trasferendo in remote working la totalità della forza lavoro (circa 1.700 addetti in oltre 20 paesi) lo ha spiegato al Sole24ore.com il Ceo e founder della società, Pieter van der Does, in questa intervista in esclusiva.

La pandemia ha cambiato anche i modelli di management: lo ha fatto in meglio?
La pandemia ha cambiato molto la nostra quotidianità lavorativa, non potendo accedere agli uffici, ma il costante cambiamento è stato un elemento centrale fin dalla fondazione dell’azienda. A guidare il nostro modo di lavorare insieme come team c’è quella che chiamiamo Formula Ayden: si tratta di otto principi base che ci legano attraverso diversi fusi orari e fra culture di provenienza diverse definendo in modo unico la nostra cultura aziendale. Un esempio? Non nascondersi dietro le e-mail e lunghi confronti via posta elettronica. ma alzare direttamente la cornetta per chiamare chiunque, in qualsiasi momento.

L’organizzazione del “new normal” deve essere ancora più agile, resiliente e collaborativa: spetta al Ceo indicare la linea da seguire?
È sempre positivo coinvolgere gli altri quando si tratta di idee che orientano la crescita dell’azienda in una determinata direzione, ed è un principio che anch’io applico quotidianamente. Il modo in cui sviluppiamo la nostra piattaforma o lavoriamo con i clienti, o ancora la gestione del personale, sono tutti processi co-creativi: più sono le filosofie coinvolte, migliore è l’innovazione e la velocità di sviluppo. I consigli di amministrazione devono fornire le direttrici guida, specialmente durante una crisi come quella attuale, ma preferisco guardare a questo tema in modo più ampio: non si impara solo dai team leader, ma da tutte le persone che compongono la squadra, a prescindere dal loro ruolo.

Team building, formazione continua, well-being dei dipendenti: l’engagement della propria forza lavoro passa dallo sviluppo organico di queste componenti?
A questi valori, che ritengo estremamente importanti, aggiungerei anche l’inclusione. Garantire il miglior ambiente di lavoro non è un compito esclusivo del dipartimento Hr bensì qualcosa che dipende da tutti i componenti dell’organizzazione, nel rispetto dei principi che la guidano. Dopo lo scoppio della pandemia, il benessere psicofisico dei dipendenti è diventato per noi un punto ancor più focale e per questo ci siamo concentrati sulle esigenze degli addetti a livello individuale, poiché non esiste un approccio unico per affrontare i momenti critici. In generale non definiamo percorsi di carriera predefiniti, e ogni individuo entra a far parte del team, impara e cresce nel modo che più si adatta a lui e al business.

Perché la condivisione della cultura aziendale è così importante nell’era Covid?
Perché trovo molto importante sapere con chi stiamo costruendo l’azienda. Il board, per esempio, continua a dedicare molto tempo sia in fase di assunzione, sia nel processo di inserimento dei nuovi arrivi. Prima della pandemia, organizzavamo questi incontri di persona, ora lo facciamo tramite videoconferenza, e lo stesso vale per i processi di onboarding, anch’essi spostati rapidamente online. In questi mesi tutti i team si sono impegnati direttamente per dare supporto alle comunità in difficoltà e credo che fare del bene alle persone aiuti a costruire una forte cultura interna, un fattore che è sempre stato centrale per Adyen e continuerà ad esserlo dopo la fine dell’emergenza sanitaria.

Come si esercita la leadership lavorando in smart working?
Naturalmente manca l’energia e la spontaneità dell’incontrarsi in ufficio. Ma lavorare tutti da casa, paradossalmente, ci ha fatto sentire più uniti. Le videoconferenze hanno reso le nostre interazioni più inclusive e la possibilità di connettere virtualmente l’intera azienda è una lezione preziosa che porteremo con noi in futuro. Cerchiamo sempre il modo migliore e più intelligente e veloce per svolgere le nostre attività, dando ai team molta libertà d’azione. Lavoriamo con un approccio diretto e concreto, facendo sì che tutte le persone che lavorano in Adyen, in qualsiasi ruolo, abbiano la possibilità di contribuire realmente alla crescita dell’azienda. Garantire a tutti i collaboratori questo tipo di libertà è per me un aspetto molto importante, perché è questa libertà a far sì che le persone vogliano rimanere con noi amando il loro lavoro.

Fonte: ilsole24ore.com

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