Kiabi, il marchio di moda vuole essere una piattaforma per le famiglie

L’azienda di abbigliamento francese spinge su un’offerta personalizzata e servizi per i clienti. Nel 2024 raggiunti i 2,3 miliardi di euro di fatturato, +5%.

Il marchio di abbigliamento Kiabi prosegue nella sua mission di offrire capi di moda a piccoli prezzi e ora sceglie di posizionarsi come una piattaforma dedicata a tutti i membri della famiglia.
L’azienda francese, fondata nel 1978 e di proprietà della famiglia Mulliez (che controlla colossi come Decathlon, Auchan e Leroy Merlin), ha chiuso il 2024 in positivo, registrando un fatturato in crescita del 5%, pari a 2,3 miliardi di euro, e oltre 24 milioni di clienti sparsi nel mondo (+6% sul 2023). 

I prezzi contenuti hanno fatto la differenza.
Si tratta di un risultato controcorrente per il settore del prêt-à-porter d’oltralpe, in difficoltà da ormai due anni a causa di una profonda crisi che ha colpito insegne storiche come Camaïeu o Pimkie.
Insomma, Kiabi è riuscita a resistere alla concorrenza online di catene dell’ultra fast fashion come Shein o Temu.
E a fare la differenza è stata, in particolare, la sua capacità contenere i prezzi riducendo, da un lato, il numero di collezioni, con una disponibilità minore di colori e modelli nell’ottica di destagionalizzare l’offerta, e dall’altro gestendo in maniera più attenta la catena di approvvigionamento, attraverso un numero limitato di fornitori.

Il successo della collezione home.
Ma a incidere sulle vendite dello scorso anno è stata anche la nuova linea Kiabi Home, che nel giro di appena quattro mesi è diventato il reparto in maggiore crescita per l’insegna.
La collezione include circa 300 prodotti per la casa, con un focus specifico sulla biancheria da letto, dalle federe per i cuscini fino ai copripiumini e alle coperte. E se finora la gamma era disponibile solo online, da quest’anno tutti gli store francesi ospiteranno un corner dedicato al comparto home, che presto potrebbe allargarsi a candele, stoviglie e altri elementi decorativi.

L’Italia tra i mercati più importanti.
Da considerare, poi, c’è anche l’espansione internazionale, con l’ingresso in cinque nuovi paesi, tra cui Egitto, Giordania e Kuwait.
Non per niente, la famiglia Mulliez sta spingendo su una maggiore capillarità grazie a locali più piccoli e in franchising, continuando a preferire i centri commerciali alle strade dello shopping cittadino, spesso troppo costose dal punto di vista degli affitti.
Oggi la compagnia possiede circa 606 punti vendita in 26 paesi del mondo, ma la Francia resta comunque il suo punto di riferimento con 352 negozi e l’intenzione di inaugurarne altri 20 entro il 2028.
Tra i mercati più importanti, però, spiccano anche Spagna e Italia, dove Kiabi controlla una rete di 41 store.
E proprio nella Penisola il brand di fast fashion sta cercando di migliorare la riconoscibilità del proprio marchio, facendo leva su attivazioni digitali su app e sito web e una comunicazione pianificata su social e out of home.

Più servizi per i clienti e una nuova sede.
Nel frattempo, è in corso l’ampliamento dei servizi dedicati alla clientela, tra cui rientrano gli stand per le modifiche all’orlo e la personalizzazione dei capi o, ancora, i laboratori sul tema della genitorialità e i corner per i vestiti di seconda mano.
In alcuni paesi come il Belgio è inoltre previsto il rinnovo del programma fedeltà, che permetterà agli utenti di accedere a esperienze esclusive e ulteriori servizi come il babysitting.
Il 2024 ha anche visto l’inaugurazione del Kiabi Village, uno spazio di 30 mila metri quadrati situato a Lezennes, nel nord della Francia, che oltre all’headquarter ospita alcuni punti di ristorazione, un asilo nido e un locale dove il marchio sperimenta le nuove offerte da proporre o meno a tutta la sua rete.
E per una maggiore tutela ambientale, la società ha infine lanciato il programma «Kiabi 4 start-ups», pensato per attività esordienti nel campo della moda sostenibile, del digitale e della supply chain.

Fonte: italiaoggi.it

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