Corsie allargate e sensi unici. Così il supermercato è più sicuro

“Lei oggi acquisterebbe un etto di prosciutto da un macellaio che glielo taglia con la mascherina al banco fresco o lo preferirebbe confezionato in una vaschetta, sapendo che è stato lavorato in un’azienda con una pulizia simile a quella di una sala operatoria?”. Il dubbio che molti di noi tenevano nascosto, lo manifesta Francesco Dragotto, da 45 anni progettista di supermercati torinese. Con la sua Cean sta ragionando su come cambieranno quegli esercizi diventati fondamentali al tempo del Covid-19.

Gli scaffali
Archiviamo scaffali chilometrici e il caleidoscopio di referenze, il supermercato che faceva girare la testa ai Clash di Lost in the supermarket in un tripudio di consumismo è ormai un ricordo. Il coronavirus porterà in dote alla gdo voglia di sicurezza, più che di divertimento. «Impareremo a fare una spesa sviluppata su orari più lunghi che consentiranno di distribuire la clientela», riflette Dragotto. Cambieranno poi le attrezzature a cominciare dalla cassa, destinata a diventare un luogo protetto, forse un gabbiotto.

Le corsie saranno più larghe e molto probabilmente a senso unico per evitare di incrociarsi. «Bisognerà velocizzare tutto, stiamo sviluppando un modello matematico sui flussi degli utenti, è altamente probabile che anche solo 10 persone in un negozio di mille metri quadri possano iniziare tutte dal reparto ortofrutta e poi passare al fornaio e al banco carne creando assembramenti — analizza Dragotto —: i tempi della nostra spesa si allungheranno, quindi il take away diventerà preponderante. Così come la tecnologia: «All’interno avremo sistemi di tracciabilità, telecamere a infrarossi per la misurazione della temperatura e sistemi per prenotare l’ingresso che notificheranno i turni. Provi a immaginare un anziano a fare la coda sotto il sole di luglio, come farà?».

Il tema si intreccia con quello dell’e-commerce, che ha guadagnato in fretta quote sui ricavi della gdo. «Se a gennaio si stimava nei prossimi 5-10 anni di arrivare a un 5-10%, oggi la previsione è del 5% stabile entro i prossimi 3 anni», considera Francesco Pugliese, ad di Conad, secondo cui i punti vendita dovranno prevedere magazzini e personale dedicato alla preparazione delle spese raccolte attraverso piattaforme digitali e adeguate organizzazioni di consegna a domicilio. Ma dovranno esserci anche spazi per acquisti online e ritirati personalmente, anche nei negozi di prossimità. Questo andrà di pari passo con l’aumento dei pagamenti cashless: «Ora sotto il 50%, lo supereranno abbondantemente dopo l’epidemia», analizza Marco Pedroni, numero uno di Coop Italia. «In futuro prevedo meno casse e cassieri e più pagamenti self checkout, come i “salvatempo” o il recupero in negozio della spesa già pagata da telefonino o pc».

Cucina al centro
Insomma un luogo dove digitale e fisico convivono, magari con metrature dimezzate, con i «city» che avranno la meglio sugli «iper». Ma che, per Carlo Ratti, architetto docente al Mit di Boston, vedrà rinascere una forte componente esperienziale: «Con il mio studio sto lavorando per una grande catena europea su un concept che mette al centro la cucina, intesa come luogo e come attività, al pari di un dehor in strada — racconta —: così si rinforza il legame tra clienti e prodotti, ma anche tra clienti stessi, mentre la parte più “utilitaristica” la lasceremo a un assistente vocale per farci consegnare la spesa sul pianerottolo».

Anche Pugliese crede fortemente nella componente relazionale del supermercato post-Covid: «La parola chiave sarà “insieme”, trovare partnership verticali con chi ha approcci migliori dei tuoi, ad esempio sulle consegne a domicilio, sull’accorciamento della filiera per i prodotti freschissimi o per offrire servizi come assicurazione, finanza, viaggi e bollette».

Cambia il banco
Diversa invece è la visione su cosa andremo a comprare: per Dragotto le referenze caleranno, andremo di meno a far la spesa e acquisteremo quello che troveremo, mentre per Pedroni ci si sposterà su prodotti meno elaborati da cucinare in casa visto che al ristorante andremo di meno. Pugliese invece si aspetta un balzo dei freschissimi: «I gusti e le abitudini delle persone vanno verso un maggior consumo di alimenti sani e verso una conferma della territorialità e della stagionalità, prima del coronavirus i salumi si compravano al 60% al banco gastronomia affettati al momento e al 40% confezionati». Su una cosa però sono tutti d’accordo: l’epidemia impone scelte veloci e la burocrazia non potrà più far passare 8 anni tra un progetto e un permesso.

Fonte: corriere.it

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